Marco Alberti

Natural Power : ciò che vediamo è solo (ir)reale?

di Azzurra Immediato
Focus pubblicato su stayinart kunstmagazine, rivista austriaca di settore, giugno 2022

‘Rappresentare la realtà significa, innanzitutto, comprenderla.

Con la realtà non è possibile mentire. La realtà è rigorosa e, nondimeno, complessa. Per riuscire a rappresentarla occorre imparare a comunicare con essa solo dopo aver appreso il linguaggio opportuno altrettanto complesso e articolato, applicandosi con estrema caparbietà e rigore. Una volta acquisita la capacità di penetrare la realtà, solo allora, si avranno buone probabilità di riuscire a descriverla, poiché la realtà la si racconta da dentro. Solo da lì si può cercare di rubare anche solo un istante di vita e raccontarne la poetica a chi sta fuori, avvalendosi della grammatica più congeniale.’ M.A.

 
Cos’è davvero la realtà? E qual è, davvero, la rappresentazione che è in grado di descriverla senza finzione? La realtà è il dato di natura, è il potere assegnato alle cose originate e non ancora manipolate dall’uomo. Cosa accade, tuttavia, se l’uomo, l’artista, interviene sul fenomeno generato dalla natura? Può accadere l’irreparabile ma anche l’inimmaginato. È mettere in discussione il Natural Power? Si interroga sul tale concetto, il Potere della Natura, la issue 2.22 di stayinart e, in tale alveo, ho scelto di indagare il lavoro dell’artista italiano Marco Alberti, disegnatore, pittore il quale, dopo aver speso anni nella professione di designer e progettista, ha scelto di rimettere al centro della propria vita l’arte. Un’arte che affida al dialogo con la realtà e la meta realtà il suo punto apicale, gemmato in una trattazione che Egli ha assegnato alla relazione sorprendente tra potere della natura e innesto digitale, in una conversazione che, sempre più, è attuale e trasfigura le cose.

Pittura e Disegno digitali concorrono, nella ricerca di Marco Alberti a farsi ‘più vere del vero’, a trasfigurare e ricostruire le trame immaginifiche dell’osservazione, della memoria e del fare. In Natura, lo status di ogni entità, è soggetta ad una forma predefinita; una forma ancestrale, simbolica e sensibile, tale da farsi riconoscibile nelle pieghe dell’animo per reiterare la propria spinta identitaria, oltrepassando il tempo e l’uomo. Si potrebbe dire che lo status di Natura soprassiede ciò che lo attraversa. In tale perpetuo motus, l’Arte ha un ruolo duplice, riuscendo a determinare, nella dimensione dell’artificio il più alto legame – talvolta paradossale – con la natura e la sua primordiale valenza. Marco Alberti, pone il proprio agire per artificio in una tensione che è in continua relazione con la realtà, un rapporto privilegiato ed essenziale sostanziato da un prezioso legame dell’artista con l’altro da sé e con l’emozione generata dalla visione, anche quelle del rimosso freudiano.

La lettura dalla potenza naturale, del suo potere generativo, Marco Alberti la porta avanti mediante un continuum: ‘Lascio che a raccontare siano i soggetti che scelgo di raffigurare. A volte parleranno di sé, talvolta potrebbero raccontare qualcosa di me. Magari, altre volte ancora, qualcuno tra il pubblico potrebbe provare la sensazione che, quel soggetto ritratto, stia parlando proprio a lui nel tentativo di riportarlo, per un attimo, a provare sensazioni dimenticate.’ Innervare grammatiche e pratiche dell’arte in un terreno già esplorato non è mai facile; i linguaggi e le discipline artistiche sono determinanti nell’esplorazione del mondo e dell’umano vivere e il cosiddetto ‘istante della durata’, ovvero ciò che è determinante all’accadimento, prepondera la creazione stessa.

Nella proiezione artistica dell’Alberti, esiste una traslazione che definisce il suo itinerario estetico all’interno del perimetro della grafica come una sorta di geografia inconscia, che è memoria e visione al contempo ed affida, ad ogni opera, una storia, un tempo, un luogo, un ritmo meditativo di matrice filosofica. Dipingere, disegnare e creare attraverso il medium digitale, perciò, significa perdere di vista il quid di ciò che avviene in natura? No. Nella ricerca dell’artista Marco Alberti, le due dimensioni si sovrappongono, si interfacciano ed intersecano, poiché l’una afferisce all’altra in maniera simultanea.

Accade che il disegno, linguaggio principe che attiene al fare creativo dell’Alberti da sempre, si sdoppi – senza mai snaturarsi – seguendo due direzioni binarie, tangenti in taluni casi. Si è soliti pensare che il digitale renda privi del soffio di realtà ciò che traduce e mostra; ciò non è del tutto vero. Nietzsche affermava: ‘ciò che contraddistingue le menti veramente originali non è l’essere i primi a vedere qualcosa di nuovo, ma il vedere come nuovo ciò che è vecchio, conosciuto da sempre, visto e trascurato da tutti’. Marco Alberti opera in questa complessa frattura ontologica culturale. Nella corsa ultracontemporanea dell’arte verso la sintesi, verso il simbolismo dell’oggetto come matrice di senso ma anche di relazione astratta con l’ambiente o nel linguaggio di registrazione del dato di natura tramite la Fotografia, ecco che la Pittura e la Scultura, considerati ‘tradizionali’ quando non vetusti, hanno subito un dirottamento di stampo non figurativo. Le ragioni, a partire dagli anni Duemila, sono state molteplici, prima fra tutte la grande disgrazia dell’autodidattica artistica, l’improvvisazione che ha convinto troppi presunti o sedicenti artisti di poter inscenare qualcosa sulla tela o in un blocco di materia pur non avendo coscienza e conoscenza della disciplina, proprio come accade con il digitale, la cui presunta semplicità lascia si ceda alla tentazione di capirne e saperne far buon uso. Andando oltre la vis polemica, nell’ambito, invece, di quello che negli ultimi anni appare sempre più come un ritorno alla pittura – e al suo studio – l’arte di Marco Alberti insegna, innanzitutto, la fondatezza del mito della sapienza, della conoscenza magistrale al fine di appropriarsi degli strumenti atti a validare l’incominciamento di un percorso, anche all’interno di quel che è ‘il gioco serio dell’arte’.

L’uso, o meglio, l’approdo al digitale rappresenta, per l’artista di Bologna, una vera e propria sublimazione del fare arte; Egli stesso afferma: ‘Ritengo abbastanza probabile che in questo tipo di disciplina sia assolutamente necessario che conscio e inconscio si abbandonino alla reciproca compenetrazione. L’osservatore tramite il conscio percepirà la tecnica mentre l’inconscio tenterà di restituirgli l’emozione. Conscio e inconscio; non sarà che per un artista in fondo corrispondano al tormento dell’uno e all’estasi dell’altro?’ Nella domanda che l’Alberti pone è racchiusa una serie di interrogatori più vasti e profondi che rimandano alla maieutica dell’arte e al ruolo che l’artista riveste nei confronti di sé e del proprio lavoro. La sua osservazione, rispetto al dato di Natura, in quale punto indefinito si colloca? È in discussione il Natural Power quando dialoga con l’Artifex della mente umana? Le opere di Marco Alberti, nella loro dinamica d’afferenza al digitale, pongono continuamente tale quesito a sé, alla materia, al mediumdigitale – e all’intero processo epifanico. Dagli schizzi ai dipinti, passando per i disegni, la sostanziazione di ciò che credevamo di conoscere e il dato reale assumono un ulteriore gradiente di traslazione dal vero al creato.

L’approccio fondante è quello diretto verso la rappresentazione umana; la fascinazione per la figura umana, in particolare, ha permesso all’artista di studiare e dar origine ad una grammatica soggettiva in cui emerge la commistione di una matrice classica e moderna – che evita la semplificazione o la stilizzazione – che giunge al contemporaneo consegnandosi ad una enfatizzazione della realtà, al dialogo con quanto la figura stessa, nel suo rapporto con il vero, sa restituire a chi osserva, all’interno di una narrazione universale. Una narrazione per immagine che nasce e si perimetra secondo tre binari che si sdoppiano: schizzi, disegni e dipinti. Essi, con assoluta ‘naturalezza’ si muovono e affondano le proprie radici sia nella tecnica ‘tradizionale’ sia nella tecnica ‘digitale nativa’. In tale flusso ininterrotto Marco Alberti opera con rigore scientifico, senza mai perdere di vista il risultato prefigurato, quello che se non è alla ricerca di un puro iperrealismo, sterile e stilistico, alloga alla traduzione dalla realtà la vicinanza ad un reale di natura evocativa, emotiva e sensibile, percepibile attraverso i sensi e mediante i risvolti di una sinestesia che non distingue più – e non necessita di farlo – tra naturale e digitale. Ciò che vediamo è solo (ir)reale? Quesito lecito, cui l’arte non può davvero offrire risposta poiché essa – e gli artisti – si muovono nel solco di ciò che è metareale, ovvero in quel varco che attraversa il dato naturale per enfatizzarlo secondo un simbolismo universale e di matrice emotiva. Marco Alberti, il cui passato lo ha visto lavorare come designer e, perciò, come trasformatore di idea in oggetto, attraverso passaggi di progettazione, lavorazione e modellazione della materia al fine di farsi manufatto di design, oggi riporta tale processo ad una rinnovata dinamica che, ancora una volta, prende avvio dallo schizzo, su taccuino digitale, elemento di sperimentazione continua in grado di rappresentare il suo personale perimetro a geometria variabile della nascita di un’idea, la traccia più fedele dell’intelligenza emotiva e predittiva.

Dagli schizzi, dai bozzetti la ricerca si dirama verso la pittura o verso il disegno. Disegno tradizionale e disegno digitale sono le grammatiche che Egli utilizza per realizzare le sue opere, narrazioni grafiche che raccontano di ‘personaggi in cerca d’autore’, di fascinazioni in cui il processo grafico agisce e reagisce alla materia sottoforma di tecnica, dando origine ad una dirompente e poetica forza concettuale, sia nella radice del disegno, sia nelle possibilità cre_attive offerte dal digitale. Nei dipinti, invece, Marco Alberti, secondo studio caparbio, affida al pastello e alla pittura ad olio il racconto del vero, la vita delle persone, il sentimento che giunge dalle profondità recondite, emerge attraverso la materia pittorica, secondo un processo antichissimo, che fa della pittura la comunicazione ancestrale dell’uomo. Oggi, che la pittura digitale ha preso piede in maniera quasi totale, per l’artista di Bologna, la traslazione da un linguaggio all’altro, da una materia all’altra, avviene e succede che, talvolta, la trasformazione del segno grafico in segno pittorico dia alla luce dipinti dalla medesima intensità riscontrabile nelle opere a carboncino o nei disegni digitali. ‘Il digitale‘ afferma Marco Alberti, ‘non è altro che il contenitore dentro cui traslo il mio percorso creativo tradizionale al fine di ampliarne enormemente la fase concettuale‘. 

Come per il disegno, così per la pittura, la dimensione digitale è ‘anche il luogo in cui vengono concepite e realizzate opere finite mediante tecniche assolutamente sovrapponibili a quelle tradizionali.’ Ciò che Marco Alberti apporta come artificio è la capacità di trasformare la percezione digitale in perturbante ed illusoria visione di realtà.

Appare dunque in_naturale voler tracciare una netta divisione tra ciò che l’uomo crea e il potere di natura, ovvero quanto connaturato nella mente e nell’azione umana. Il digitale non è forse una conseguenza del potere umano di evolversi all’interno della Natura e dei suoi processi ancestrali?

Ciò che vediamo è solo (ir)reale?

Dovremmo ricominciare ad osservare, leggere, interpretare il reale mediante la lente dell’arte e l’occhio principe dell’artista?

Il focus si stayinart ed il podcast soundcloud potete trovarlo a questo link.